Ritratti #2: Alex De La Iglesia
Secondo ritratto di Five Obstructions. Ricordo che in questa sezione si raccoglie una monografia di un autore normalmente sconosciuto ai più, ma meritevole di attenzione per via delle sue cifre stilistiche o anche solo di intrattenimento poco noto al grande pubblico. Per questo secondo post della sezione ci spostiamo da Hong Kong per tornare nella vecchia Europa. Oggi infatti parliamo di un regista che viene dalla Spagna: Alex De La Iglesia.
Come potete notare dall’immagine, siamo su livelli di stazza e stile di un Guillermo Del Toro o di un Peter Jackson dei tempi che furono…
Il regista di Bilbao esordisce alla regia di un lungometraggio nel 1993 e da quella perla demenziale a basso budget che era Acciòn Mutante si capisce immediatamente che ci si trovava di fronte a una mente fuori dagli schemi e capace di stupire. Acciòn Mutante è una perla dell’humor nero, sempre in bilico sul versante horror e sci-fi, con delle fortissime tinte satiriche nei confronti di una società ipocrita e perbenista. Se si passa sopra alla povertà di mezzi, ci si trova con tante grasse risate tra le mani.
Già dalla locandina si capisce di che pasta sia fatta questa pellicola. Il seguente El dia de la bestia beneficia sicuramente di un budget decisamente superiore. Di conseguenza pare che De La Iglesia non se la sia sentita di spingere troppo il piede sul lato comico. Eppure anche questo è un capolavoro del grottesco, un horror più classico e riuscito che non perde troppo sul versante della risata anarchicamente eversiva.
Da registrare le collaborazioni per le colonne sonore coi Def Con Dos, misconosciuto gruppo spagnolo che ha saputo trovarei ritmi giusti delle opere del buon Alex, e di Angulo, onesto caratterista. Con Perdita Durango comincia ad arrivare una certa attenzione internazionale (complici le presenze di Javier Bardem e James Gandolfini). Sebbene dotato di alcuni scambi di battute epici, il film risulta decisamente più scialbo dei suoi predecessori, una sottospecie di brutta copia ispanica di Natural Born Killers.
Saltando una pellicola che non ho visto, si entra nel 2000 con La comunitad, che se non erro è il primo suo film ad avere una vera distribuzione italiana. E sancisce l’ingresso nel suo stile più attuale e moderno. Rimane attaccato alla commedia nera spagnola, ma l’horror ormai è un lontano ricordo. Rimane il grottesco, ma sempre plausibile e teso a prendere in giro le perversioni e la vituperata normalità (in questo caso l’avidità che mette tutti contro tutti).
Sulla medesima falsariga sta il divertente Crimen ferpecto (in mezzo sta 800 balas, un’altra delle mie lacune di De La Iglesia). Con questi due film Alex riesce, pur rinnegando parte della sua anima originale, a posizionarsi con efficacia all’interno della cinematografia spagnola. Che è troppo dedita a dividersi tra commedie o drammi a sfondo sessual-confuso oppure a una new wave dell’horror che è un’eterna promessa, sorpassata insospettabilmente dagli autori francesi. De La Iglesia, con la sua fresca commedia del grottesco, sa imporre una sua terza via, strettamente personale e meritevole di essere considerata.
Questa sua personalità lo rende un candidato ideale per l’equivalente spagnolo dei Masters of Horror: Peliculas para no dormir. Purtroppo questa produzione televisiva ha un forte accentramento produttivo, che tarpa le ali alle diverse personalità dei registi chiamati a dirigere. Nel caso di De La Iglesia questo si sente molto di più che per un Badaguerò o un Serrador. La Habitaciòn del niño non sembra nemmeno diretta dalla sua mano quanto da una di quelle dei produttori, tanto è conforme a tutti i luoghi comuni delle altre pellicole.
Forse scoraggiato da questo appiattimento, De La Iglesia non ha più prodotto sul grande schermo niente di paragonabile al suo passato anche recente. La sua ultima uscita è infatti Oxford murders, un banale whodunit con enigmi infantili e poco affascinanti.
Adesso, dopo un’esperienza televisiva seriale, il buon Alex si è rimesso al servizio del grande schermo. Non si trovano molte notizie a riguardo, ma la speranza di ritrovare il gusto del grottesco di quest’uomo è qualcosa che mi spinge ad avere ancora fiducia in lui.
Saluti,
Michele