L'Arte secondo FO5

Neural G-Spot

Qualche tempo fa mi sono letto un articoletto come ne girano tanti per il web da qualche anno a questa parte. L’articolo è questo qua: http://www.wired.com/magazine/2010/01/pl_brown_gspot/

Per chi non ha voglia di leggere (non ne avrei voglia nemmeno io…) un brevissimo riassunto. L’articolista paventa l’avvento di una macchina che, collegata direttamente all’encefalo dello spettatore (ammesso di trovarne uno), registra i picchi di attività elettrica. In tal modo si possono individuare i momenti in cui attenzione e partecipazione emotiva rispetto a ciò che si sta guardando raggiungono i propri massimi. Le applicazioni suggerite sono ovvie: in tal modo una casa di produzione potrebbe sapere esattamente quali elementi di una pellicola sono i migliori in quanto ad appagamento della “mens populi” (nemmeno si aspetta più la vox).

Senza correre il rischio di prendersi troppo sul serio (il taglio di questo post mi sembra ovvio, per di più il taglio stesso dell’intero blog mi sembra ancor più ovvio…) un paio di considerazioni comunque me le sono fatte.

La prima riflessione che mi viene in mente è che, viaggiando con molta fantasia e stando staccati dalla realtà, con questo sistema la massa di spettatori sarà posta in una situazione profeticamente e profondamente anticipata da Tarkovskij. Da come viene immaginato infatti questo sembra nè più nè meno del cuore della Zona. Anche usando questo articolo come un semplice spunto, è possibile ipotizzare che con una tecnologia del genere lo spettatore medio si sentirà come il Porcospino? Schiacciato da quanto miseri si scoprono essere i suoi desideri più reconditi? Oppure il “more of the same” che brama gli farà spegnere definitivamente la lampadina?


La seconda riflessione invece sta più legata con i piedi per terra. Hollywood è alla disperata ricerca di una cosa del genere, che sia davvero prossima ad arrivare o meno. Il 3D (Avatar?) e lo stile da trailer videoclip (Tony Scott?), come suggerito anche dall’articolista, viaggiano in questa direzione. L’intimo sogno del produttore è avere una scatola che rende la famigerata automavision di Von Trier una profetica realtà.

Il post scanzonato e incompleto termina bruscamente qua, come una tarantiniana missing reel piazzata proprio in fondo. Più che dare risposte, ci interessa creare domande*.

Saluti,

Michele

* Veramente troppo facile capire da questa frase quanto poco tempo e quanta poca voglia avessi di aggiornare il blog?

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