A tavola un piatto di celluloide
E’ l’argomento della prossima variazione, è vero. E questo è un post riempitivo, è vero. Ma per me il cibo, protagonista dei cuochi che vedrete tra poco su Five Obstructions è più che una necessità. E’ una vera e propria religione.
Non potrei vivere senza pasta al pesto, ravioli al ragù, lasagne, brasati, roast beef, pizze, kebab, gnocchi, bucatini all’amatriciana, penne ai quattro formaggi, pasta alla carbonara, torte, tiramisù, tordelli in brodo, mortadella, risotto alla milanese, gattò, insomma credo di essermi spiegato.
Per questa ragione cibo e cinema fondano per me una doppietta strabiliante, alla quale mi sento di dedicare un po’ di spazio in più del solito. E vi propongo una brevissima mini-variazione qua sul blog dedicata ad altri film culinari e legati al cibo di cui mi ricordo, oltre a quelli che rispettano gli ostacoli molto più stretti che potete visionare nella home page.
Tutti a tavola! Serve zio Lars.
Antipasto:
301, 302. Film sudcoreano di qualche anno fa. La storia è di due donne che vivono in appartamenti adiacenti l’uno all’altro. Il tema è quello dell’accettazione. Accettazione che può essere proiettata sull’Altro oppure sul Sé. Si muove su questi due piani la pellicola, identificando questi due approcci al problema con le sue due protagoniste. Da una parte la chef cerca l’approvazione dell’Altro proponendo piatti prelibati, dall’altro la scrittrice ha problemi con l’accettazione di se stessa, che la fa piombare nel problema dell’anoressia. Abbastanza scarico, invero, per riuscire a colpire, spicca solo per alcune tinte horror che non erano molto usuali in Corea nel periodo in cui il film è stato girato (il 1995).
Primo piatto:
Super size Me. Ultimamente qui nella mia casa a Pisa vanno molto le serate hamburgher. Si comprano una ventina di pressatine, pane col semolino, ketchup, maionese, insalata, pomodori e cipolle. E si banchetta fino all’alba. Mai sentiti male. Invece la presenza pervasiva di McDonalds nel mondo qualche sospetto lo porta. Ma non lasciatevi ingannare. Super size me ha solo un’idea intrigante come storia ed è diventato popolare come il film di “quello che per un mese mangia solo da McDonalds”. In realtà c’è tanto, tantissimo di più. Quella è solo l’esca, ma la portata principale (il sistema educativo e il sistema famiglia statunitense, in fase di esportazione) è ben più gustosa e ha molto più spazio nell’economia della pellicola.
Secondo piatto:
Cruel Restaurant. Lo splatter a low budget giapponese. Non servirebbe aggiungere veramente altro. E’ tutto lì, tutto prevedibile, tutto senza un minimo di partecipazione. E’ la new wave di questo genere di horror, che spesso viene prodotto direttamente da case occidentali proprio per portare all’estremo la giapponesità della situazione. Inutile dire come questi soldi esteri facciano suonare tutto stantìo, tutto poco spontaneo e, in ultima istanza, assai poco efficace sullo schermo.
Frutta:
Il fascino discreto della borghesia. Ua comunità di borghesi si riunisce con una certa regolarità per parlare di fronte a pranzi luculliani. Ma il surrealissimo direttore delle danze ha in serbo per loro un bel po’ di scherzi. Buñuel infatti non gli permette in nessuna scena di toccare cibo. Succede sempre qualcosa, da un’invasione di terroristi a Dio solo sa cos’altro. Un altro trattato fuori dagli schemi e affascinante da un regista che è stato il vero e proprio maestro del surrealismo in movimento.
Caffè:
Il cuoco, il ladro, sua moglie, l’amante. Se c’è qualcuno che possa rivaleggiare con Buñuel in fatto di forza visiva e surrealismo questo è proprio Greenaway. Con questa pellicola ci porta su una tavola che è un vero e proprio set teatrale in cui le luci recitano tanto quanto gli attori in scena. Il ristorante luculliano è il palcoscenico del tradimento della moglie del cuoco tra una portata e l’altra. In mezzo a una trama quasi inesistente fatta tutta di personaggi trovano posto anche sesso, omicidi e cannibalismo. Un vero toccasana!
Ammazzacaffè:
Cannibal holocaust. Ho per caso detto “cannibalismo” prima? Non ho saputo resistere alla tentazione di mettere questo terribile horror splatter italiano nella sezione ammazzacaffè. Sono veramente un comico di finissima fattura. Sta di fatto che alla fine vi propongo un film in cui la portata principale è l’uomo e la civiltà. Una pellicola terribile, che si è anche macchiata di crimini reali pur di portare sullo schermo una feroce satira alla presunta superiorità della civiltà, che in realtà si insinua come orrore tra altri orrori, e perde i suoi freni inibitori portandoci a soccombere per mano del nostro lato oscuro.
Un bel modo per finire il pasto, non trovate? Spero che queste anticipazioni vi abbiano comunque lasciato l’acquolina in bocca per una variazione che troverete fatta e compiuta tra pochi giorni sul sito. A rileggerci, allora!
Saluti,
Michele
Il conto, prego!