Prototype
In uno dei più recenti videogiochi “tripla A” presenti sul mercato, voi insoddisfabili macchine da intrattenimento multimediale siete chiamati a impersonare Alex Mercer, un uomo invischiato nelle indagini di una non meglio precisata cospirazione/corporazione statunitense. Tutto ciò che vi è dato di sapere all’inizio è che vi svegliate in un obitorio e vi ritrovate con una serie di poteri straordinari come possibilità di camminare sui muri, di effettuare grandi salti e di sventrare con un’enorme forza praticamente chiunque. Il sogno di tutti noi, insomma, anche se il buon Alex sembra non prenderla con filosofia e cerca in tutti i modi di trovare chi lo ha “ridotto così” per fargliela pagare.
In effetti questo Prototype pecca un po’, nella sua storia, sul piano delle motivazioni che spingono Alex a diventare una macchina da guerra. Ma per quanto riguarda il versante della sceneggiatura questo è, di fatto, l’unico grosso difetto. Perchè tutto il resto è fondamentalmente ben scritto: da un videogioco del genere non ci si aspetta una trama e degli sviluppi complessi alla Final Fantasy, per citare un esempio estremo, e tutto ciò che è scritto svolge più che bene il suo lavoro.
E il modo in cui questo lavoro onesto è svolto è un’altra punta di diamante. L’estetica di Prototype è curata all’estremo, ma non per un fotorealismo fine a se stesso: la resa grafica è infatti sapientemente espressionista nel sottolineare la situazione disperata in cui versa l’ottima ricostruzione di New York, scenario delle vicende. Lo sfondo infatti è quello di una grande pandemia zombiesca. I nostri zombi in questo caso non assomigliano molto a quelli di papà Romero della notte dei morti viventi, si rifanno più che altro alla new wave Boyliana alla 28 giorni dopo. Di fatto quindi lo scenario risultate è molto meno banale di quanto non si possa pensare.
L’ambientazione è quindi intrigante e funzionale al gameplay scelto. Riesce infatti a coprire al meglio che può l’effetto videogame. Infatti i giochi di questo tipo soffrono del fatto che al giocatore sono richieste sempre le solite cinque o sei tipologie di missione: raggiungi il punto X in tot tempo, pedina quel nemico senza farti scoprire o meno, difendi la posizione, uccidi almeno X nemici, eccetera… Quello che, nei classici giochi di ruolo Dungeons & Dragons si chiama “sindrome del fattorino fantasy”. Nella linea principale della trama non ci si accorge facilmente di essere invischiati in missioni del genere, la suspension of disbelief dunque funziona.
Lo stesso discorso, purtroppo, non vale per tutte le missioni di contorno. Alex infatti ha moltissime alternative sulla sua strada: trovare alcuni artefatti sparsi per New York e/o affrontare eventi di varia natura come corse, planate (sì, si può volare) o eventi uccisione. Tutti segnalini posti nella mappa che però non riescono nemmeno per un attimo a non richiamare un fortissimo senso di deja vu per Grand Theft Auto, pietra miliare del videoludo, al quale Prototype deve moltissimo.
Più divertente è invece gironzolare per la mappa in cerca dei personaggi chiave della vicenda, che verranno evidenziati non appena ci si avvicina abbastanza. Alex è infatti in grado di agguantare al volo le sue vittime e di assorbirle (letteralmente!) in modo da acquisire le loro abilità ed elementi sfocati dei loro ricordi. Filmati sporchi, confusi e ben realizzati che ricordano un certo gusto rugginoso alla Silent Hill.
Ma la summa ovvia del divertimento è quello che in realtà nessun GTA può dare. Perchè ad Alex sono concessi moltissimi poteri di attacco e altri di difesa rigenerativa che, se potenziati al massimo, lo rendono una macchina da distruzione assoluta nelle nostre mani. In particolare il potere degli enormi pugnoni vi farà di certo entrare, come è successo a me, in modalità “Hulk spacca!”: una vera e propria sadica pallina antistress con la quale dissolvere qualsiasi residuo di malumore provocato dal vostro capo durante la dura giornata di lavoro.
Alla fine, quindi, da una parte abbiamo una buonissima ambientazione, una scelta visiva curata e funzionale e una grande attenzione ai dettagli tecnici (la super agilità di Mercer ha le movenze del più tipico parkour, un’arte che nell’ultimo decennio ha avuto un vero e proprio boom di popolarità). Dall’altra c’è la consapevolezza che questo gioco non inventa nulla di nuovo, non osa staccarsi nemmeno per un attimo dalla sua mamma GTA. E dal fatto che non prova nemmeno a dire qualcosa di artisticamente valido, riducendosi proprio a una pallina antistress.
Insomma: divertimento e azione garantiti, realizzati da urlo. Ma per il punteggio pieno ci vuole un passo in più e Prototype si ferma giusto un attimo prima.
4 / 5
Saluti,
Michele