Watchmen
In un’America degli anni ’80 ancora governata da Nixon e al limite della guerra nucleare con l’URSS qualcuno prende di mira gli eroi mascherati messi al bando ormai da anni con lo scopo di screditarli. Che cosa nasconde questa minaccia?
Come per 300, anche Watchmen va valutato con molta attenzione. Bisogna evitare di mescolare il contenuto del fumetto con quello del film. Se Snyder di certo non aveva responsabilità allora sulla morale pseudofascistoide del fumetto di Miller, ora non si accaparra il merito della colossale qualità della storia ideata da Moore. Perciò è di sicuro lodevole avere rappresentato la disincantata malinconia del passato e le pessimistiche considerazioni sulla natura umana, che per essere salvata richiede di essere ingannata perchè la sola cosa che sa fare per collaborare è odiare un nemico comune.
E allora è necessario il proprio sacrificio personale perchè si crei un fasullo pericolo pubblico che a prezzo solo della propria integrità trasformi il mondo. Lettura che fa alzare le antenne in quanto condivisa dal comportamento di un certo cavaliere oscuro, che rende evidente come anche Nolan abbia attinto, direttamente o indirettamente, all’unico fumetto in grado di entrare nella classifica dei migliori cento romanzi in lingua inglese del ’900.
Si deve quindi giudicare Snyder secondo il proprio lavoro e i propri meriti. Fin dal remake dell’alba dei morti viventi il buon Zack ha reso evidente la sua incapacità nel produrre nuovi contenuti, ma il suo straordinario talento nella rielaborazione, nel dare nuova forma e vita a vecchie storie. Un procedimento che è da sempre l’anima dell’arte: è stato il talento di Cezanne, di Picasso, di Kandiskij.
Con 300 Snyder ha deciso di mettere il suo talento visivo al servizio del cinecomics moderno. Se Blade ne era il capostipite e Raimi col suo Spiderman lo ha sdoganato come supergenere d’autore, il regista americano di Watchmen ne rappresenta la prima vera dicotomia dopo il punto di non ritorno rappresentato, ancora, dal cavaliere oscuro. Apprezzare Watchmen non vuol dire necessariamente disprezzare la visione di Nolan, che rimane a sua volta capolavoro (nel vero senso della parola: lavoro principale) del nuovo noir d’azione cinematografico tratto da un fumetto. Zack Snyder va però nella direzione opposta del cavaliere oscuro che elabora un fumetto per creare un film: egli usa un film per creare un fumetto.
La dinamicità di Watchmen riesce a far pre-digerire in qualche modo i contenuti per gli spettatori: non il massimo, certo, ma rendere fruibile per tutti in uno stile spettacolare del genere tale opera è di sicuro un grandissimo merito. Queste scene d’azione sono forse eccessive rispetto allo spirito originale della graphic novel, ma rappresentano un modo per tradurre la staticità dello stampato nella dinamicità del movimento. Gli stop and go utilizzati in 300 ed elargiti ad ampie mani anche in questo film sono utilizzati per cristallizzare l’azione in una manciata di fotogrammi che rappresentano le vignette di una tavola. La meravigliosa sequenza iniziale è la perfetta e sottile traduzione in movimento di una pagina stampata.
Snyder ha fatto un mezzo miracolo nel tradurre, con successo, in film qualcosa che ha tutte le potenzialità per distruggere la reputazione di chiunque osi rimaneggiarlo. Ma con il suo fumetto in movimento ha fatto molto di più: ha preso la lezione di Sin City di Rodriguez, l’ha masticata e l’ha digerita. Col risultato di re-inventare il cinema.
5 / 5
Saluti,
Michele
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