Un eterno ritorno dona a noi oh Signore
Ostacoli | Film |
Film inseriti in un contesto narrativo ciclico |
1 - Matrix: Reloaded
2 - Izo 3 - The sky crawlers 4 - Jason X |
Tornano gli argomenti difficili e impegnati per le variazioni di FiveObstructions. Tornano gli insiemi di ostacoli che fanno ammattire Damiano nella creazione delle playlist. Dopo aver sviscerato il concetto di mise en abyme in tutte le salse (piani di realtà differenti, tempi, eccetera), nella prossima variazione vogliamo fare il salto di qualità. Vogliamo analizzare il lato più filosofico di questo potente paradigma visivo. E quando dico filosofico c’è da aver paura. L’aspetto che vogliamo trattare si può intuire dal nome della variazione: l’eterno ritorno, uno degli aspetti meno stereotipati sviluppati da Nietzsche direttamente tratto dalla ciclicità della vita, da Eros e Thanatos o ancor più di sapore orientale. Concetto filosofico che sembra inserirsi straordinariamente bene in tutti gli aspetti della natura visibili (stagioni) e meno tangibili (il ciclo Big Bang e Big Crunch, secondo una delle più affascinanti teorie di evoluzione dell’universo).
1 - Matrix: Reloaded
Difficile trovare qualcuno che non ha visto la trilogia di Matrix e tuttavia è ancora molto interessato a scoprirla, eppure devo avvertire che questa recensione verte sul principale twist della trama. Prima di far partire lo spoiler però una considerazione generale: Reloaded soffre degli stessi problemi che accennavo nella variazione sul gioco d’azzardo per Maverick. Inserirsi nel contesto dell’eterno ritorno prevede la ciclicità, la parità, la negazione dell’Eroe Unico e Solo in grado di salvare e redimere. Matrix non ne è capace. E chi non l’ha ancora visto si fermi qui.
Perchè la soluzione trovata è molto interessante. Un mondo organizzato alla perfezione, in cui anche le anomalie irrazionali sono perfettamente tenute sotto controllo grazie alla ciclica prevedibilità dell’uomo. Un mondo in cui la ribellione stessa fa parte della routine ed è amministrata con cinica previsione. Per parafrasare gli Afterhours: “… e fa rivoluzioni che non fanno male / così che poi non cambi mai / essere innocui insomma che sennò è volgare”.
Mi piace e mi intriga questo dialogo surreale nella stanza delle televisioni. Che mi rende Reloaded tutt’altro che un episodio completamente malriuscito. Il problema è che non riesce andare fino in fondo. Anzi: questo interessante spunto è totalmente negato. Come in Maverick quindi esiste un unico protagonista, un Eroe, che da solo può dominare il caos indominabile, in quanto è figlio di quello stesso caos. E questo è infantile e assurdo.
Voto (2/5): |
2 - Izo
Miike è un regista geniale. Perchè totalmente imprevedibile. La sua sterminata filmografia è un caleioscopio di generi, budget e stilemi espressivi. Ed è molto più imprevedibile di un classico regista anarchico giapponese, perchè in fondo il gore estremo, il soft hentai e quant’altro si possono prevedere. Miike no. Miike passa da questo a un classico yakuza movie, da un western ad alto budget come Sukiyaki Western Django a questo Izo: un film d’autore con la A maiuscola.
Izo è un film dannatamente difficile. Molto più del lynchiano Gozu, che alla fine di tutto può essere interpretato con la facile scorciatoia del sogno. Izo sta a un livello superiore. Un samurai costretto a viaggiare eternamente attraverso il tempo per seminare la sola cosa che sa fare: morte e distruzione. Una vita che si consuma attimo dopo attimo fino all’inevitabile conclusione, una crocifissione sanguinosa e filmata con un occhio di rara potenza.
Alla fine il suo eterno ritorno non è altro il tormento che impedisce alla sua essenza di portare a termine il suo scopo. Il suo karma (uno dei tantissimi rimandi alla cultura orientale di cui questo film è pregno) deve essere equilibrato e solo la sua pura essenza di distruzione può farlo. Una pura distruzione che cala come una scure su chiunque, a prescindere da quale sia la sua forza, la sua ricchezza, la sua integrità.
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3 - The sky crawlers
Chi si appresta alla visione di un film di Oshii sa a cosa va incontro. E soprattutto è un intenditore, dato che il buon Mamoru è uno dei migliori registi viventi, in grado di mescolare con rarissima maestria l’azione mozzafiato a lunghe e calme sequenze affascinanti, la capacità tecnica all’avanguardia a ostici e profondi passaggi di sceneggiatura. Questo Sky crawlers non è da meno in nessuno degli aspetti. Da notare fino in apertura come l’integrazione che Oshii sta meditando tra animazione classica e computer grafica raggiunge risultati più maturi e stilisticamente unitari del precedente Ghost in the shell 2.
Ma è la struttura a inesorabile spirale della trama a catturare maggiormente. La vicenda è infatti incastonata in un non meglio precisato futuro della nostra cara Terra in cui due misteriosi fazioni si combattono per il dominio dei cieli. Tale guerra è eterna e si ripete uguale a se stessa da molto tempo, fin nei minimi dettagli. E il fatto che si svolga nei cieli non è affatto un caso: è sempre lì presente e immanente nella vita dei cittadini, ma mai realmente tra loro. E’ la presenza televisiva in assoluto dominante, eppure viene combattuta da piloti che solo in apparenza sono umani.
I rimandi al nostro piccolo mondo sono evidenti. Come evidenti le implicazioni di un conflitto mantenuto ad arte in equilibrio per imbrigliare menti e preoccupazioni su qualcosa di altro, su cui nessuno può farci nulla perchè al di fuori del controllo. Non c’è quindi spazio per eroi o imprevisti: tutto è deciso e stabilito, come l’ineluttabilità di un leopardo nero, nemico invincibile ma al contempo incapace di vincere.
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4 - Jason X
Perchè includere un evidente film fracassone e ignorante in un contesto di recensione che fa del garbo filosofico la sua forza? Perchè permette di vedere con un occhio malizioso qual è il vero concetto dell’eterno ritorno inscritto nella filmografia di consumo americana. Com’è facile intuire dal titolo infatti questo è ben il decimo episodio della fortunata serie Venerdì 13 che ha dato i natali a una delle classiche maschere dello slasher a stelle e strisce: Jason Voorhees.
Perchè eterno ritorno? Perchè ogni episodio è sostanzialmente identico al precedente (e identico a molte altre altrettanto longeve serie horror). Ogni episodio cade negli stessi errori e consolidati clichè che rendono questi film una vera e propria piaga. Il fascino di una maschera come Jason infatti sta nella sua mole colossale e inarrestabile, una macchina irrazionale in grado solo di uccidere. E allora che senso continuano ad avere degli escamotage che potevano andare bene negli anni ’80 del silenzioso mostro che coglie di sorpresa il malcapitato idiota protagonista? Jason non può e non deve esserne capace, non deve puntare su quello, rende tutto un’ennesima ripetizione scontata e noiosa.
Ma è questo l’eterno ritorno consumista: la riproduzione pedissequa di ciò che è in grado di provvedere a un (eterno) ritorno economico, fornito con cortesia da un appassionato senza fantasia che vuole essere servito con la solita minestra riscaldata. O magari da un novello spettatore ancora inconsapevole di ciò che va a vedere.
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