C.R.A.Z.Y.
Ostacoli | Film |
Film con protagonisti malati di mente Film non horror Film prevalentemente ambientati in manicomio |
1 - Angels of the universe
2 - I'm a cyborg but that's ok 3 - Don Juan DeMarco 4 - K-Pax |
Questa volta FiveObstructions decide di affrontare direttamente e a viso aperto l’argomento che meglio conosce e meglio ci rappresenta: la malattia mentale. Con un ossessivo compulsivo alle playlist e un maniacale schizoide alle variazioni si comincia a sentire aria di casa quando questa aria ha il caratteristico odore di disinfettante misto ad ammoniaca della corsia di un ospedale. Per quello che voglio raccontarvi con questa variazione è però assolutamente necessario che le vicende si svolgano all’interno di un manicomio. Via quindi tutti i film che trattano dell’integrazione della malattia mentale nella società e dentro tutti quelli che parlano della sua relegazione tra comode pareti imbottite simili a quelle della mia camera. E il motivo non è certo foraggiare la scontata, vecchia e soprattutto falsa banalità che non c’è così tanta differenza tra le persone che stanno dentro e quelle che stanno fuori da un manicomio: la differenza c’è eccome! E sta tutta nel fatto che nel manicomio, luogo oscuro e infamante, vanno nascosti e relegati tutti coloro che sono affetti da malattie brutte ma non debilitanti, sono il politically uncorrect e ciò di cui si ha paura e vergogna e per cui si cerca una scusa per la messa al bando. Mentre le nostre piccole ossessioni, che attanagliano tutto e tutti, vengono sempre più accettate, istituzionalizzate e perdonate come se non esistessero.
1 - Angels of the universe
In questo splendido film islandese, diretto dal Fridriksson protagonista di un simpaticissimo cameo in Il grande capo di Von Trier, è presentato forse il miglior dipinto cinematografico della follia. Una considerazione pesante, scaturita da come viene tinteggiato dal nordico regista il manicomio, tempio della pazzia. Normalmente tale luogo è fonte di oscurità e malattia, oppure viene visto in ottica parodistica e comica. D’altronde sono i due registri con cui vediamo i pazzi quando cambia il nostro punto di vista: se ne siamo direttamente coinvolti o se ne siamo solo spettatori. Fridriksson non usa né l’uno né l’altro colore: riempie questo manicomio di poesia.
I pazzi sono infatti angeli dell’universo, animi sensibili e ingenui, che vivono la loro passione con più forza di quanto sia conveniente fare. A prescindere che questa passione sia l’amore, la musica, la politica o altro. E quindi entra in gioco l’istituzione, che asseconda e reclude la forza della volontà di vivere con il sorriso con le labbra. Bisogna essere dentisti, non appassionati lottatori. I dentisti hanno belle macchine e soldi, le persone con un fuoco dentro solo sbarre e appartamenti vuoti. Anche se alla fine anche i dentisti possono impazzire e suicidarsi, ma l’importante è che non contagino il resto del mondo con il loro modo di vivere.
Poesia e fuoco interiore. Entrambi elementi trattati dal film e meravigliosamente sottolineati da una splendida colonna sonora interamente curata dai Sigur Ros. Che più pazzi e poeti non potrebbero mai essere.
Leggi la scheda del film >>>Voto (5/5): |
2 - I'm a cyborg but that's ok
C’era molta attesa da parte degli amanti del cinema orientale per questo film. La nuova fatica dell’autore del miglior film del XXI secolo, Oldboy, è di sicuro un evento da attendere. E a una prima occhiata si corre il rischio di bruciarsi con una grossa delusione: I’m a cyborg but that’s ok è una commedia, leggera e dai toni patinati, che nulla aggiunge (né in innovazione né in profondità) ai tanti film già visti dedicati al mondo dell’infermità mentale.
Questa delusione è da una parte inevitabile (non si può pretendere un Oldboy a ogni film) e solo apparente. La perfezione tecnica di Chan-Wook è pervenuta immutata negli anni, anzi! E’ evoluta secondo i binari tracciati da Lady vendetta e si può dire che formalmente Chan-Wook parla con un linguaggio solo suo personale, inimitabile, e traccia quella che diventerà necessariamente la poetica visiva del futuro prossimo. Un uso consapevole e funzionale della computer grafica nella storia, uno Scrubs senza gli stacchi sulle fantasie. E il suo non dire nulla di nuovo ma esprimerlo così bene è un esempio di perfetta rilettura postmoderna del tema della pazzia vista come fantasia e creazione di un mondo nuovo e magico.
E’ proprio il ribaltamento delle classiche prospettive il punto di forza eversivo del film. Non osserviamo più il malato dal di fuori, ma entriamo noi stessi in un manicomio a forma di disco volante. Vediamo quello che vedono loro, pensiamo quello che pensano loro. Che siano mitra che escono dalle mani, il ladro di emozioni o una coreana che sogna di fare lo yodel in Austria.
Voto (4/5): |
3 - Don Juan DeMarco
Questo film proveniente dalla prima metà degli anni ’90 è un film ad uso e consumo di Johnny Depp e, probabilmente, della più frivola componente dei suoi estimatori. E’ la storia della “reincarnazione” del grande amatore Don Giovanni, intrappolato in manicomio per via delle sue folli fantasie che si rivelano, guarda caso, essere reali. E che viene curato da un brillante dottore che ha le fattezze nientemeno che del Don Giovanni del cinema: Marlon Brando. Impossibile non notare come l’allora ancora acerbo Depp volesse cogliere al volo un testimone lanciato dalla troppo stanca icona del cinema.
Fondamentalmente il punto debole del film, a parte l’operazione smaccatamente di marketing precedentemente esposta, è la sua mancanza di senso. La sceneggiatura è formalmente ben scritta e lascia ampio spazio ai sorrisi. Il problema è che il personaggio di Depp in realtà non è pericoloso per nessuno, né per gli altri, né per se stesso, né per la società. Non fomenta un’eversione, una visione alternativa della vita, niente. Fondamentalmente si ritrova in un manicomio solo perchè è scritto su di un copione. Perché altrimenti non poteva interagire col personaggio di Brando.
E’ proprio lo scivolone del rendere reali le fantasie improponibili di Juan a condannare in ultima istanza il film. Perché alla fine passa la morale che Juan non fosse realmente malato e tutti vivono felici e contenti perché rientrato, allegri e spensierati, nei canoni della normalità.
Leggi la scheda del film >>>Voto (2/5): |
4 - K-Pax
K-Pax è un film che appartiene al genere dei film piatti. Fa parte, per essere più precisi, dello stesso stile cinematografico del recentemente qui recensito Cuori in Atlantide. Sono tutte co-produzioni americane-x (dove con x intendo un’altra nazione a caso, in quel caso Australia, in questo Germania) costruite attorno a un attore di medio richiamo (lì Anthony Hopkins, qui Kevin Spacey) su una sceneggiatura piatta e senza guizzi, esattamente come la regia.
Il regista infatti pare non avere la minima intenzione, in nessuna delle scene che si susseguono, di mettersi davvero a lavorare. Gira più o meno bene quello che gli capita, senza soffermarsi troppo oltre al lavoro preventivato per quella giornata di riprese. Nessuna visione artistica, niente di niente (e dire che è un peccato perché qui Iain Softley in passato ha firmato graziose prove come Backbeat).
L’unico modo che film del genere hanno per piacere è quello di toccare per sbaglio nello spettatore dei nervi scoperti nella sua personalità. Ma non si può assolutamente delegare al caso, presente nella testa di chi vede, quello che invece dovrebbe essere progettato da chi scrive e/o dirige. E l’usare gli stessi ingredienti di Cuori in Atlantide non può che condannare questo film allo stesso esito: un piatto di pasta senza sale e senza sugo che può piacere solo a chi reputa il mangiare una mera sopravvivenza, una necessità da espletare ogni tanto.
Leggi la scheda del film >>>Voto (1/5): |