Social Network Analysis
Ostacoli | Film |
Opere di generi diversi Opere legate a concetti di Social Network |
1 - Six degrees: Pilot
2 - Connected 3 - The Nines 4 - Sei gradi di separazione |
Per questa variazione ho deciso di giocare in casa molto più del normale. Se il cinema è il mio campo da gioco preferito per cultura e tempo libero, oggi ho deciso di mettere su questo campo la squadra con cui mi confronto ogni maledetta settimana al lavoro. Gli ostacoli in questo turno vogliono girare partendo da diversi punti di vista su due parole molto popolari in questi scellerata fine di decennio: Social Network. Eh sì: Facebook, Flickr, Myspace. Sono dovunque. Il fatto di scegliere una lente poliedrica di generi, che permetta visioni da più angoli, permetterà di affrontare non solo questi esempi di web 2.0, ma anche di approfondire di più la faccenda scientifica dietro questo fenomeno di pazzia di massa. Alla fine della variazione concetti come “Sei gradi di separazione”, “Power law degree distribution” e “Clustering coefficient” saranno per voi naturali come i concetti di “dribbling ubriacante”, “arbitraggio scandaloso” e “gol in zona cesarini”. Ma a chi la vado a raccontare?
1 - Six degrees: Pilot
Curiosamente questo telefilm caratterizza la variazione delle reti sociali nella sua nascita e nella sua morte con la figura di J. J. Abrams. Di questa “mente brillante” a cui vengono affidati cult di questo inizio secolo (Lost), complesse operazioni di viral marketing (Cloverfield) o riletture di marchi morti e sepolti (Star Trek) vedremo una rappresentazione reale ed efficace nell’ultimo film del lotto. Ora concentriamoci su questo pilota.
A ben vedere in questo pilota e in questa serie c’è tutto di J. J. Abrams. C’è Lost senza il fascino misterioso e sovrannaturale, ma con i complessi e noiosi incroci nelle vite dei personaggi. C’è Cloverfield senza il mostro che distrugge tutto, ma con la solita banale visione dei seducenti “newyorkers” troppo affascinati dal voler per forza essere qualcosa di speciale da non rendersi conto di non esistere nemmeno. C’è Star Trek senza il coraggio di un reset in grado di destabilizzare ciò che sembrava inamovibile, ma con un branco di bambocci inutili dalla parte sbagliata della macchina da presa.
Insomma: c’è tutto il peggio del peggio di Abrams. Perfino bravi professionisti, come Giacchino alle musiche, sembrano completamente impazziti, regalando prestazioni di rara maestria del brutto. Esempio paradigmatico è il primo fintissimo piano sequenza con un terribile voice over in apertura: quanto di più scontato e pacchiano possa essere girato. Infine lasciatemi lanciare un appello al buon protagonista Jay Hernandez: rimani a fare i vari Hostel, nulla potrà riuscirti meglio di quello.
Leggi la scheda del film >>>Voto (1/5): |
2 - Connected
Fare un documentario informativo è una missione. Lo scopo è quello di illustrare qualcosa, fare in modo che gli spettatori la conoscano e possano farsene un’idea loro propria dovuta ai fatti presentati (tutto un altro campo da gioco è il documentario artistico alla Herzog, ma sto divagando). Sono sempre stato particolarmente ostile alla moda del documentario d’autore statunitense alla Michael Moore (Fahrenheit 9/11), gradisco di più brillanti esempi alla Workingman’s Death in grado di non esprimere una tesi da sposare, ma solo visioni.
Connected fa parte di quest’ultima tipologia di documentari. E’ una scelta difficile, perché finché si sostiene una tesi si ha comunque il facile appoggio di chi la pensa come noi. In Connected non c’è una tesi, dunque deve affascinare con immagini, parole ed evocazioni nella mente dello spettatore. E il documentario della Talas non è in grado di farlo.
Primo perché i concetti più affascinanti sono esposti con le soluzioni più banali che possono venire in mente (documentare la spedizione dei pacchi per verificare i sei gradi di separazione? Bambinesco e inutile). Secondo perché momenti topici ed emozionanti per chi ha studiato, come me, le reti sociali sono rappresentati cripticamente: Watts che disegna lo schema dello Small World alla lavagna a me suscita brividi lungo alla schiena, ma per chiunque altro è un tizio che scarabocchia palline e linee. Connected non è quindi in grado di catturare e far conoscere che cosa di veramente esplosivo c’è dietro a ciò che all’apparenza possono sembrare le superficiali pagliacciate di Facebook.
Voto (1/5): |
3 - The Nines
Nelle reti sociali esiste un fenomeno chiamato “power law degree distribution”. In parole povere significa che chi ha molte conoscenze ha una probabilità molto più alta di incontrare e conoscere nuove persone rispetto a tutti gli altri. O, per dirla ancora in un altro modo, “piove sempre sul bagnato”. In un certo senso questo film ne può essere una espressione molto particolare.
Tutto il film è incentrato su un protagonista, che si ritrova in situazioni e personalità diverse: attore fallito di Hollywood, sceneggiatore o programmatore di videogiochi. E vari elementi nel film, che cerca di costruire un’atmosfera misteriosa e surreale, cercano di ricordargli in continuazione che lui non è una persona come le altre: lui fa parte dei nines, i nove. Lui non è come gli altri. Fa parte di questo misterioso picco di fortunati, che possono avere tutti e tutto e sembrano non avere limiti a ciò che possono fare.
Le idee che stanno alla base della pellicola non sono affatto male. In diverse mani avrebbero potuto dare vita a un gioiellino del mistero a basso budget come può essere un Primer. Ma la realtà non è stata così gentile con The nines. La regia è qualcosa di assolutamente televisivo, il regista non pare avere né un comparto tecnico all’altezza, né la furbizia di saper ovviare a questo problema. Anche in fase di scrittura August sa di essere bravo (suo ad esempio è lo screenplay di Big Fish), ma non ha nessun controllo e nessun freno e le sue soluzioni finale suonano bambinesche e non attentamente meditate. Vuole stupire a tutti i costi e si ritrova ad essere infantile.
Voto (2/5): |
4 - Sei gradi di separazione
Film legato a doppia mandata con la variazione sui Social Network, questo Sei gradi di separazione va notato soprattutto in quanto è legato al mattatore della variazione: J.J. Abrams. Tutti ne lodano il talento produttivo, come un novello re Mida riesce a rendere oro tutto ciò che paga. Ma è tenerissimo il personaggio che interpreta in questo film: l’ottuso e iracondo figlio di uno dei protagonisti principali, vero esempio di quale sia la reale caratura del personaggio.
Cosa sono alla fine i “sei gradi di separazione”? Sono protagonisti di uno dei più influenti falliti esperimenti della storia. Nel 1967 Stanley Milgram (non) dimostrò che ogni persona è divisa da ogni altra nel mondo da sole sei consocenze: tu devi contattare solo sei diverse persone per raggiungere me, Obama, un barista iraniano, un barbone argentino o Sasha Gray (corri!). E’ in realtà qualcosa che esiste, più o meno, davvero, ma di certo l’unico merito di Milgram fu di intuirla.
E’ anche un concetto che affascina la maggior parte delle persone che ci pensano. E che acquisisce subito le caratteristiche di una storiella divertente da raccontare a una cena di gala. Che è in fondo quello che fa questo film. E’ la cena di gala del cinema: completamente raccontato e mai recitato, popolato da ricchi boriosi che vogliono disperatamente sembrare simpatici o brillanti, ma dispensano solo odio e sbadigli (come ne Le invasioni barbariche).
Leggi la scheda del film >>>Voto (2/5): |