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Ostacoli | Film |
Film candidati all'Oscar per miglior film Film del 2008 |
1 - Milk
2 - Frost Nixon 3 - Slumdog millionaire 4 - Valzer con Bashir |
Come dicevo nell’ultimo post sul blog, gli Oscar sono una rassegna un po’ inutile per il cinema in generale. Parafrasando Morricone, uno che di Oscar non ne ha vinti se non “alla carriera” (eppure avrei giurato che fosse uno che con le colonne sonore ci sapesse fare… Mannaggia!): “A me dell’Oscar frega niente. Se me ne danno uno è comunque un bel soprammobile da tenere sul caminetto”. In generale assegnare un premio o un voto univoco a un film lo ritengo qualcosa di pleonastico e superficiale, infatti FiveObstructions da sempre è solito elargire voti relativi a un singolo aspetto del film e non all’opera in generale. Tuttavia almeno altre giurie, come a Venezia o a Berlino, sanno mettersi in gioco e motivare la loro scelta. La Academy di questo non è capace. E, come già detto, il metodo migliore per scoprire questo giochetto a mio avviso non è dedicarci il solito, banale e astioso articolo, ma una bella variazione in cui valutare perchè certi film sono candidati/vincenti a discapito di altri.
1 - Milk
Se si dovesse accostare un esempio del passato nella filmografia di Van Sant a Milk bisognerebbe risalire di certo a Will Hunting. Entrambi i film condividono infatti un’idea ben chiara del cineasta del Kentucky, ovvero la sua forte volontà di mettere al servizio le proprie qualità di regista e di produttore di arte utilizzando un linguaggio stilistico più accessibile a tutte le fasce di spettatori. I risultati di Milk però sono abbondantemente superiori a quelle di Hunting.
Questo perchè il film con Matt Damon presenta questa volontà solo a livello implicito, e per tutta la durata dell’opera si assiste alla messa in scena di qualcosa di, in un certo senso, scontato e poco innovativo. Milk invece rappresenta a tutti i suoi livelli di lettura e di realizzazione una vera e propria poetica della svolta di Van Sant. Già nella recensione sul blog avevo evidenziato come il forte messaggio convogliato dal film è quello di un innalzamento di pugni contro l’autoghettizzazione, una tra le subdole armi che le società liberali imbrigliano le minoranze indesiderate (come diceva Pasolini “In una società repressiva tutto è vietato quindi si può fare tutto, in una società liberale qualcosa è permesso e si può fare solo quel qualcosa”).
Ma è ovvio che Van Sant non si rivolge (solo) ai gay. Van Sant si rivolge anche a se stesso. I film ostici, gli scogli meravigliosi dal punto di vista stilistico ma assolutamente insopportabili per il pubblico medio (Gerry?) sono l’autoghettizzazione dell’intellettuale, sono uno dei mali contro cui la cultura deve lottare. Continuare su quella strada per Van Sant è continuare a voler tenere separata la maggior parte della popolazione dalla fruizione della cultura. E con la sua svolta rappresentata da Will Hunting come da Milk vuole dire, definitivamente, basta a tutto questo. La nomination all’Oscar la si può considerare come un piacevole effetto immediato.
Voto (4/5): |
2 - Frost Nixon
Questo film di Ron Howard fa parte di quella categoria di film “belli perchè… boh”. E’ innegabile che ci si trova di fronte a una ricostruzione accurata, uno stile di ripresa elegante, una sceneggiatura ben scritta con qualche one-liner da ricordare. Però è anche vero che non c’è niente di particolare, di memorabile. Vederlo candidato a un Oscar non scandalizza nessuno, eppure ci si chiede se davvero l’anno passato non sia uscito niente di meglio. Suoi compagni sono ad esempio Ray o Sideways.
A dirla tutta è facile individuare i motivi della nomination. Che risiedono, guarda caso, principlamente nei punti deboli che avevo individuato nella recensione sul blog. Ovvero fondamentalmente nella figura di Frost amalgamata con quella radicale interpretata da Sam Rockwell. Ovvero spacciare l’immagine dell’idealismo americano da grande democrazia, che riesce a mettere al confino coloro che la minacciano, anche dall’interno, e a rinascere più forte che prima, animata da questi giovani bollenti spiriti.
Un meccanismo fin troppo facile, un gioco furbo che non regge però a una analisi anche solo poco attenta. E che condanna questo film nella sua valutazione in ottica Oscar: rappresenta proprio tutto il male dello scendere a patti della qualità solo per guadagnarsi il proprio nome inciso su di una targhetta. Con tutto che, lo ripeto dalla recensione, questo è probabilmente il miglior film di Howard: sono le circostanze ad inchiodarlo.
Voto (2/5): |
3 - Slumdog millionaire
Il trionfatore degli Oscar di quest’anno aveva tutte le carte in regola per fare man bassa di premi. Aveva la storia d’amore, aveva un comparto tecnico classico ma ben realizzato, aveva una sceneggiatura originale e ben scritta, aveva la morale facile che piace agli animi semplici della Academy, aveva l’ambientazione povera dell’India contemporanea.
Danny Boyle ha messo in piedi un impianto sicuramente ben riuscito per narrare una piccola storia senza pretese. Ha anche avuto una buona intuizione in fase di sceneggiatura: le domande del quiz che scandiscono la vita del protagonista sono un meccanismo che può affascinare e di sicuro fresco e interessante. E questo basta per fare incetta di premi. Purtroppo il suo milionario degli slums si è trascinato dietro alcuni effetti collaterali che lo rendono un clamoroso inno allo schiavismo culturale con cui chi detiene il potere imbriglia chi di potere non ne ha.
Nelle battute finali ci si rende conto che il quiz è l’unica via per uscire dagli slums, ma solo se si sta al suo gioco e alle sue regole perverse. Il ragazzo protagonista infatti si piega a tutto e obbedisce come un cagnolino a tutte le vessazioni e alle ingiustizie del sistema. E con lui vengono imbrigliati anche tutti i milioni di persone che rimangono incollati al televisore per seguire le sue gesta. Il fatto che ce la faccia non è testimonianza che il sistema possa essere scardinato, ma è proprio il raro successo occasionale con cui il sistema stesso fa credere di poter essere scardinato. Ma in realtà questa è proprio la sua base fondante.
Leggi la scheda del film >>>Voto (2/5): |
4 - Valzer con Bashir
Di Valzer con Bashir ho già accennato i difetti, il cui principale è l’eccessivo manicheismo nel dipingere il conflitto libanese e il porsi come colpevoli senza appello e senza considerare attentamente le ragioni di ognuno. Il j’accuse diretto contro se stessi è uno degli esercizi che più solletica la masturbazione mentale della giuria californiana. Tuttavia questo difetto in Bashir è del tutto secondario: mina la sua universalità ma per nulla la sua visione artistica del mondo.
E’ meraviglioso infatti come Folman riesca a riprendere non la realtà di ciò che è accaduto, ma i suoi ricordi e le sue sensazioni. Lo stile visivo fumettistico in movimento quindi non è affatto fine a se stesso, ma funzionale all’emozione e al ricordo. Il Valzer del soldato con il mitra ne è forse la sequenza cardine e più importante, la rappresentazione concreta di come il ricordo è più vero di ciò che è successo.
Anche lo scheletro con cui prende forma la vicenda non è affatto scontato. Invece che riprendere direttamente e per tutto il tempo la battaglia, cosa che lo avrebbe reso un classico film di guerra, la storia si snoda per interviste, come un documentario. Il che rende esplicito come sia il filtro dei ricordi ad essere importante (la sequenza psicologica del circo all’inizio) e di come in realtà una guerra non finisce mai con il cessate il fuoco, ma perdura per sempre nelle menti, nelle azioni e nella vita dei soldati.
Leggi la scheda del film >>>Voto (4/5): |