Exit Music (for a Film)

To be or not to be

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Western o non western? Essere o non essere? Quali dilemmi animano questa rubrica in questa stramba settimana! Perchè stramba? PERCHE’ SONO TORNATO IO! IL VOSTRO AMATO DAMIANO a strapparvi dalle grinfie di quell’indie-boy di Michele ma, al contempo, è Michele in persona ad essere sparito. Insomma funestato da continue latitanze dello staff, FiveObstruction punta incurante e senza batter ciglio alla propria meta. Quale meta? “LA FAMA!” direte voi, no. no, no, no. “I SOLDI!” suvvia non scherziamo, siamo seri. “LA FIGA!” ecco può essere, ma non ci siamo ancora…insomma a cosa puntiamo di preciso non lo sappiamo neppure noi, un giorno si parla di conquistare il mondo, il giorno dopo di un paio di accrediti per Venezia 2009. Bah, siamo una generazione senza ideali, ha ragione il mi’ babbo.
Ma più che ai nostri problemi teleologici (cultura classica ragazzi, tutti in piedi please), voi adorati lettori sarete interessati al sollazzo dei vostri padiglioni auricolari, ed è per questo che siamo qui “E’ un duro lavoro ma qualcuno deve pur farlo”. Visto il tema dell’ambiguità rispetto a genere e canoni stilistici che l’ormai desaparecido Michele ha tirato fuori dal cilindro questa settimana, io non posso che proporvi una bella playlist che riunisca canzoni ed artisti che ci hanno proposto un “finto qualcos’altro”. Canzoni che sembrano rock che più rock non si può che invece si rivelano melodie da boy-band. Melodie da Boy-Band che sufficientemente inbenzinate (dopo teleologia è una caduta di stile, vabbe) potrebbero diventare a pieno diritto bandiere dell’heavy metal. Il tutto con il preciso intento di mostrare come le etichette nella musica (e nel cinema) lasciano sempre il tempo che trovano. Basta con gli indugi, orsù: via, si (ri)parte!

  • “Bohemian Rapsody” – Queen : cediamo alla classiche lusinghe dei grandi classici del rock classico e ascoltiamoci una delle “oldies but goldies” per eccellenza che ci permette di rituffarci negli ammicamenti lirici di Mercury e soci. Perchè lo strano intreccio tra rock e melodramma rendono questa canzone ben distante da un pezzo rock, inserendolo a pieno diritto nella tradizione operistica più raffinata. Si faccia attenzione al dialogo recitato di “Galileo, galileo”: non sarà Puccini ma l’ispirazione è quella.
  • “Pop (Una canzone pop)” – Afterhours : l’esperimento è interessante: tre-accordi-tre della più trita tradizione pop vengono proposti con chitarraccia grassottella e testo malefico. Insomma il pop del titolo non è che un mero pretesto per distruggere la struttura stessa della canzone “leggera”. Che birbanti!
  • “Robot Rock” – Daft Punk : un riff sporco, aggressivo, cattivo e distorto proveniente da una lurida chitarraccia ci può apparire come l’ultimo baluardo analogico in un’era di imperante digitale. Ma se si guarda bene ci si accorge che quella stessa chitarra è un acidissimo e sintetico sintetizzatore. Così è il rock del robot: una cavalcata elettronica che prende in prestito il sound di un power-trio per giocare sui temi electro che più electrohouse non si può.
  • “Con un deca” – 883: questo storico pezzo dell’eterno Max ci offre un inizio degno della migliore tradizione “easy” per poi andare a parare da tutt’altra parte. Insomma una chitarrina acustica arpeggiata lascia presto il posto ad una ritmica e ad un sax che più “house anni 90″ non ce n’è. Un bello stacco, no? E invece l’accostamento è assai ben riuscito. Bravo Max! Sempre nei nostri cuori!
  • “My Way” – Sex Pistols: era mia precisa intenzione per questa playlist evitare cover e rifacimenti “trans-genere”: sarebbe stato davvero troppo facile e a noi le cose facili non piacciono per niente. Sono però costretto a fare un’eccezione per questa canzone, perchè lo storico pezzo di Frank Sinatra qui si rivela in tutta la sua violenza punk, e non solo per l’arrangiamento stravolto, ma proprio perchè il testo stesso messo nella boccaccia dei Pistols ribalta la sua stessa essenza semantica, rivelando una profondità straniante e stupefacente.
  • “RV” – Faith no More : l’ugola di Mike Patton è da molti ritenuta artefice della nascita del cross-over, con tutto quel che di bello e di brutto ne è conseguito. Io essendo grande fan di questo geniale folletto so bene che l’attraversamento di genere è sempre stata attività amata dal buon Mike e, direttamente dal disco più rappresentativo dei fantastici Faith No More, estraggo questo stranissimo ed adorabile pezzo che, sotto forma di cantilena pop, folk e gnegne, si propone come inno rock con tutti i crismi del caso.
  • “Wale” – dARI : attenzione amici di FiveObstructions perchè è vero che il giochino del “finto-genere” può essere un intellettuale manierismo di un certo spessore, ma può essere anche una porcata di marketing per vendervi un po’ quel che gli pare (a chi? ma è ovvio! A QUELLI LA’!). Cito qua i poveri dARI perchè in fondo la canzone è geniale, quel brutto che sa di esserlo e non può che diventare trash d’annata. Ma attenti a Tokio Hotel & C. che con il pretesto di due chitarrozze e quattro borchie ci vogliono far credere di essere dei fighi del rock. Tutti sti emo li mangiano i pipistrelli? Le distruggono le camere d’albergo? Orinano sulla moquette? NO! E ALLORA TORNATE A FARE LE ONESTE POP-STAR!

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