Tsukamoto Rookie di lusso
Un altro autore poteva a pieno diritto entrare nella variazione di questa settimana dei rookie. Questo grandissimo autore giapponese è Shinya Tsukamoto. E’ stato escluso per una mera questione di popolarità: non si può certo dire che il successo rappresentato dal cavaliere oscuro di Nolan sia lo stesso successo che incorona il simpaticissimo autore nipponico. Eppure anche in Italia gode di una certa fama in quanto è spesso accolto come grande star al Far East Film Festival.
E anche la sua opera d’esordio è stata breve, a basso budget e in bianco e nero. Si tratta del leggendario Tetsuo – The iron man, uno dei pochi lungometraggi per cui la considerazione “O lo ami o lo odi” è incredibilmente calzante. E io, francamente, lo odio. E’ vero che in esso sono contenuti i germi di uno stile personale e all’avanguardia: fotografia sporca, inquadrature estremamente spersonalizzanti di una Tokyo al contempo futuristica e antiquata, un horror che va al di là dell’horror secondo una parabola simile a quella di Cronenberg, … Tuttavia stile e pesantezze narrative sono delle travi troppo pesanti poste sulla struttura innovativa del suo cinema che stava formandosi. Tetsuo porta con la tipica irruenza naif giovanile a un estremo sbagliato degli stilemi vincenti, che saranno meglio rielaborati, ed evoluti, con le opere della maturità. Detto questo per me Tetsuo vale una valutazione di 2/5 (pari a Tetsuo II) e di seguito espongo una brevissima sintesi dell’evoluzione del suo lavoro.
Hiruko the Goblin: caso praticamente unico nella filmografia di Tsukamoto in quanto non scritto dal regista in prima persona. Girato per raccogliere i soldi per il seguito di Tetsuo, viene considerato da molti uno Tsukamoto minore, una semplice opera su commissione. E’ completamente staccato dallo stile a cui ci ha abituati, è vero,ma non ne è affatto minore. La classica storia di fantasmi giapponesi è retta con un piglio esemplare e trova spazio una certa ironia, riuscitissima, che stonerebbe nei suoi classici ritratti claustrofobici. 3/5
Tokyo Fist e Bullet Ballet: con questi due lungometraggi Tsukamoto raggiunge l’apice della poetica meccanica e metallica partita con Tetsuo. E si rende conto che questa non è più una strata percorribile. Dai dolorosi piercing (l’invasione del metallo nella carne) in Tokyo fist (un richiamo a Naked Blood, dello stesso anno) alle pulsioni meccaniche per i proiettili di una pistola si esaurisce il fascino feticistico del metallo e comincia quello della carne. 4/5
Gemini: uno dei Tsukamoto al quale mi sento più affine e affascinato. Il tema del doppio, già visto e stravisto, assume connotazioni tutte nuove e situazioni che diventano facilmente paradigmatiche, come se fossero pescate da un grande immaginario collettivo. 4/5
Vital: ed ecco che Tsukamoto arriva finalmente alla metamorfosi finale, al punto più alto raggiunto finora della sua parabola. Le riflessioni sulla morte, resa ancora più straziante dalla sua esplorazione da parte di un giovane patologo (Asano Tadanobu, uno dei massimi attori nipponici) sul corpo della defunta amata segnano un nuovo, irrimediabile mutare della poetica di questo autore. In parallelo con la tematica, anche la scelta visiva muta irrimediabilmente, guadagnando un potere surreale e asettico come la carne posta su un tavolo di un’autopsia. 5/5
Haze e Nightmare detective: le ultime due opere (in attesa del seguito di Nightmare detective 2) segnano un parzialmente fallito tentativo di ulteriore metamorfosi delle tematiche toccate da Tsukamoto. Conscio che non è affatto facile continuare a reinventarsi dopo delle vette incredibili come Tokyo Fist e Vital, il regista giapponese non cade nella facile tentazione del plagio a se stesso, piaga fin troppo diffusa. Si dirige anzi verso una riscoperta dell’horror di genere più puro, più lontano dalla sua pesante impronta autoriale. Tali opere contemporanee si riescono a salvare per un maturo uso stilistico di fotografia e riprese, in grado di comunicare alla perfezione il terribile stato claustrofobico e sanguinante in cui sono immerse. 3/5
Saluti,
Michele