Evangelion: 1.0: You Are (Not) Alone
Nel 2007 è tornato a vedere la luce un nuovo progetto che riguarda una delle mini serie giapponesi più controverse di sempre. Quel Neon Genesis Evangelion ad opera del saggissimo Hideaki Anno che tanto bene (mi) aveva impressionato lungo i suoi 26 episodi. Una serie che nacque come punto di congiunzione tra robottoni e belle gnocche (insomma, la versione giapponese del celebre adagio di Godard: “Tutto quello di cui si ha bisogno per un film è una donna e una pistola”) e che mise in piedi invece uno dei più gloriosi mindfuck della storia umana.
Protagonista di questi 26 episodi è Shinji Ikari, un quattordicenne il cui monte di complessi è perfino più grosso del robot che suo malgrado si trova a pilotare. Il suo compito: impedire a mostroni enormi chiamati angeli di raggiungere il sottosuolo di Tokyo 3 (c’entra anche qui Berlusconi?), in quanto questo causerebbe il temuto Third Impact e, con esso, l’estinzione della razza umana. Come nella migliore tradizione giapponese, tra un combattimento e l’altro assistiamo a una serie interminabile di flussi di coscienza e problemi esistenziali che attanagliano il povero Shinji, stretto attorno a una quantità di personaggi che metteranno alla prova il suo chiudersi in sè stesso e il rapporto conflittuale che ha col padre Gendo.
Questa si preannuncia essere come la recensione più breve e più facile da scrivere di tutto Five Obstructions. Perché, fondamentalmente, questo Evangelion 1.0 fa(rebbe?) la felicità di tutti coloro che quando vedono un adattamento cinematografico sbottano per ogni sopracciglio cambiato (o per ogni Tom Bombadil tagliato). Anzi, alla fine non piacerebbe neanche a loro, ma la cosa li metterebbe talmente in imbarazzo da impedirgli di ammetterlo. Perché questo rifacimento in forma di serie di lungometraggi della serie animata in realtà di rifacimento ha ben poco. Non molto è stato in realtà ridiretto e ridisegnato, e le battute seguono per il 90% quello che era la serie originale.
Poco contano le minuscole modifiche (tra l’altro su alcune cose potrei anche ricordare male, e non è che fare il toto-cambiamenti sia tutto questo divertimento). Che rendono da una parte i combattimenti un po’ più emozionanti (migliore design degli angeli, in parte visivo, ma soprattutto audio, la cosa più riuscita del lungometraggio), in parte tutta la serie di pipponi esistenziali molto più potabile e digeribile. Alcune sequenze aggiuntive rendono più chiaro e connesso il flusso interiore di Shinji, purtroppo fallendo completamente in quello per cui sono state pensate. Da un lato il film perde in profondità, dall’altro il dramma del giovane protagonista non viene affatto smorzato a sufficienza e chi ne aveva odiato strilli e lamentele non potrà far altro che annoiarsi anche in questo caso.
Prendere di peso non solo situazioni e battute (tra l’altro tagliandone anche un paio che suonavano assai epiche) non funziona minimamente. Perché quelle situazioni e quelle battute sono pensate sulla lunghezza dei 20 (o quel che erano) minuti del singolo episodio: amalgamate insieme alla meno peggio in 100 minuti risultano pesanti, macchinose e legnose. Non si può prendere di peso un medium e trasformarlo in un altro, che siano libri, serie tv, film, album musicali o chissà che altro. Il risultato è un patchwork frankesteiniano con la verve di un cadavere.
Inoltre lo scegliere il lungometraggio porta per forza di cose a dover dare un finale ai 100 minuti che stiamo guardando (per quanto incompleto e ovviamente da considerare all’interno di quella che sarà una serie di film, il secondo credo sia già uscito nel 2008). L’impianto finalistico incentrato sull’isolamento di Shinji risulta spezzare ancora di più i bocconi di quel percorso interiore che costituiva il fascino dell’hardcore fan di Evangelion. Di fatto, il finale scelto non rende giustizia al saggio progredire a scalini scelto per la serie tv.
Spuntata rimane anche l’arma dell’azione. Se all’epoca Neon Genesis Evangelion poteva attirare altro pubblico oltre agli hardcore fan grazie a combattimenti decisamente emozionanti, oggi a dieci e più anni di distanza non si può fare a meno di notare quanto tutto sia fin troppo eccessivamente anni ’90. Datato, senza grosso interesse. Come già detto, un po’ di restyling sugli angeli permette di rimanere oltre il pelo dell’acqua. Ma mancando qualche pezzo qua e là anche di tutto il resto, non si può fare a meno di rimanere delusi da un progetto di cui Anno avrebbe dovuto quantomeno interessarsi un po’ di più. Invece il suo supervisionare la regia non ha dato assolutamente nulla.
2 / 5
Saluti,
Michele
Trackbacks/Pingbacks
[...] di dover dedicare un nuovo post alla progettata tetralogia di Evangelion, almeno dopo aver visto (e recensito) il primo lungometraggio. Questo perché You Are (Not) Alone non rappresentava solo praticamente [...]